venerdì 14 febbraio 2014

Lo sapevate che il Paziente è una Persona?

Dott.ssa Alessandra Paladino

Vi è mai capitato di sperimentare una permanenza in ospedale?


Beh, qualche tempo fa, grazie ad un incidente, anch’io ho avuto il “piacere” di ritrovarmi dapprima in ambulanza, poi al pronto soccorso e per finire in bellezza ricoverata in due diversi reparti a distanza di pochi giorni.
Come è stato? …Direi traumatico!!!
Certo, chi gradirebbe un soggiorno in ospedale?!!!
Il viaggio è iniziato con una grande razionalità e freddezza: avevo bisogno di difendermi e capire cosa mi era successo, cosa mi avrebbero fatto i dottori e quale era la diagnosi.
Appurato che non ero in pericolo di vita le difese hanno ceduto il passo allo spavento che fino a quel momento ero riuscita a controllare. Ancora stordita e frastornata ho realizzato che non era un incubo (come speravo e desideravo) bensì la realtà: ero in un letto d’ospedale, consapevole delle conseguenze dell’incidente ma ignoravo ancora una condizione: ora, ero una “paziente”!!!
Accedere in ospedale implica un cambiamento di status: da persona a paziente …ed io avevo sottovalutato questo passaggio.
Quando ho realizzato la mia nuova condizione e ciò che ne conseguiva ho iniziato a pormi una serie di domande che desidero condividere con voi miei cari lettori.
Mi sono chiesta: ma il paziente non è una persona? …Una persona con bisogni fisici e psichici accentuati ed alterati da una nuova condizione traumatica (malattia o incidente)? Un paziente non ha forse bisogno di essere accolto, accudito, ascoltato e rispettato nella sua dignità di essere umano?
È così difficile prendersi cura dell’altro nella sua totalità? La relazione d’aiuto non dovrebbe guidare ed ispirare coloro che lavorano in ambito sanitario?


Se tutto ciò è legittimo allora perché ancora oggi c’è una grande fetta di professionisti (si fa per dire!) che lo dimentica?
È così impegnativo sorridere ad un paziente? È davvero così difficile accoglierlo con delicatezza, prendersene cura con gentilezza ed accompagnarlo con empatia nel già tanto doloroso percorso di malattia? …Insomma, aiutare l’altro è così arduo?


Durante la mia permanenza in ospedale ho avuto modo di riflettere molto su quest’argomento e sono giunta ad una triste considerazione: molti dottori, infermieri e tecnici di laboratori forse hanno dimenticato di lavorare con persone che soffrono e che hanno bisogno del loro rispetto e della loro gentilezza oltre che della loro professionalità.
In molte occasioni mi è sembrato che il paziente rappresentasse il capro espiatorio perfetto: provato fisicamente ed emotivamente, bisognoso, remissivo, timoroso e troppo dolorante e spaventato per reagire.  Insomma la vittima ideale per un medico nervoso o un infermiere rabbioso per ragioni personali o comunque non riconducibili in alcun modo al paziente.
Forse, se imparassero ad ascoltare i pazienti imparerebbero a diventare delle persone migliori e di conseguenza dei professionisti migliori.
Per fortuna ci sono anche medici e infermieri capaci di farlo a priori!!!  

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