Un film di Sydney Sibilia con Edoardo
Leo, Valeria Solarino, Valerio Aprea, Paolo Calabresi, Libero
de Rienzo, Stefano Fresi, Lorenzo Lavia, Pietro Sermonti, Neri
Marcorè.
La
Roma dei nostri tempi e un giovane ricercatore universitario a cui viene negato
il rinnovo dell'assegno di ricerca: Pietro Zinni ha 37 anni, una casa da
pagare, bollette da saldare e una fidanzata da soddisfare.
Ha
molti amici, tutti travolti dallo stesso destino: accademici finiti per strada.
Pietro
non riesce ad accettare la sua nuova condizione e non intende umiliarsi come
hanno fatto i suoi amici. È a questo punto che si ingegna e scopre una
possibilità ai limiti della legalità: sintetizzare una nuova sostanza
stupefacente.
Lo
scopo è fare i soldi e vedersi restituita un briciolo di dignità …anche se non
sarà proprio così!!! Ad un certo punto la realtà prende il sopravvento e la banda
dei cervelloni si ritrova non solo senza lavoro e senza soldi ma anche a dover
fare i conti con la legge.
Sydney Sibilia, l’esordiente regista salernitano, con Smetto quando voglio, fotografa una
condizione sociale diffusa: il precariato d'eccellenza!!! Sceglie un genere che
è la commedia perché vuole divertire il pubblico ma allo stesso tempo riesce a dipingere
uno spaccato drammatico dell’Italia contemporanea e pertanto regala “amare risate”.
Il
film mette in evidenza il tema del vuoto d'identità che accomuna i giovani e
che vede un’intera generazione rincorrere il proprio destino tra il desiderio
di realizzazione e la delusione per le continue frustrazioni.
I
protagonisti, oltre Pietro Zinni, sono per l’appunto un gruppo di accademici
costretti a ripiegare su tutt’altro per sopravvivere. Ci sono due eccellenti
latinisti che pur di guadagnare fanno i benzinai per un cingalese; un
economista che si spaccia innamorato di una circense per raccattare vitto e
alloggio; un antropologo che disperato va a cercare lavoro da uno sfasciacarrozze;
un archeologo che lavora gratis per amore della cultura e un chimico che fa il
lavapiatti in un ristorante cinese.
Questo
quadro è alquanto esemplificativo e riproduce fedelmente la cruda realtà della
nostra società.
Tra
le presentazioni dei vari personaggi mi colpisce particolarmente la scena del colloquio
di lavoro di Andrea l’antropologo. Pur di essere assunto dallo sfasciacarrozze
si spaccia per “uomo di strada”, sia nell’abbigliamento che nell’atteggiamento,
per poi perdere credibilità a causa di una erudita espressione, retaggio della
sua formazione accademica. A questo punto svanisce la possibilità di essere
assunto perché laureato. Insomma: viene tradito dal suo stesso curriculum. È troppo
qualificato per quel lavoro!!!
Quanto
appena descritto non è lontano da quello che accade nella nostra società.
Troppi giovani laureati e specializzati provano a ripiegare su lavori diversi
da quelli per cui si sono formati. Spesso sono costretti ad omettere le proprie
competenze con la speranza di ottenere un posto di lavoro per cui laurea,
master, dottorato e specializzazione sono superflui. Questo è un paradosso
fondato!
“…Si è vero, sono laureato, ma è un errore di gioventù del
quale sono profondamente consapevole!”
Nel
film come nella realtà si narra di un mondo accademico che garantisce poche
soddisfazioni e altrettanti scarsi guadagni, demotivando i giovani allo studio
e spingendoli alla ricerca di soddisfazioni più frivole e veloci. Si palesa la
voglia di rivalsa per una vita trascorsa inutilmente sui libri, l’umiliazione
di non potersi permettere di avere una propria famiglia e di poterla mantenere e
la frustrazione di vedersi intrappolato in un sistema in cui la meritocrazia è
utopia.
Smetto
quando voglio finisce per essere una fedele descrizione del mondo reale. Anche
se alla fine del film si evidenzia la consapevolezza che il sapere è un arma
fortissima il pubblico non potrà non cogliere l’amarezza per quella che è la narrazione
della realtà di un’intera generazione di giovani disoccupati.
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