L’ amore
porta molta felicità, molto più di quanto struggersi per qualcuno
porti dolore
Albert Einstein
«Lo amo da morire», «lo amo più della mia stessa
vita». Chi di noi non ha sentito queste frasi almeno un centinaio di volte? Ma
è vero che si può morire d’amore? È possibile amare così tanto fino a dipendere
da una persona come fosse una droga?
Un tempo i francesi parlavano di amour fou (amore folle), oggi gli
anglosassoni parlano di love addiction;
ma una cosa è certa: quando l’amore diventa ossessione che procura malessere
piuttosto che benessere e serenità, non possiamo più parlare d’amore ma di ‘dipendenza
affettiva’.
Nella fase iniziale di una relazione affettiva,
durante l’innamoramento, una quota di dipendenza e fusione sono assolutamente
normali: estremo coinvolgimento, i pensieri sono tutti rivolti al partner con
il quale si desidererebbe trascorrere più tempo possibile. Ma con lo stabilizzarsi
del rapporto, questa ‘normale dipendenza’ dovrebbe tendere, naturalmente, a
diminuire. Una relazione equilibrata, infatti, è basata sulla reciprocità dove
amare ed essere amati viaggiano sullo stesso binario. Amare significa
riconoscere l’altro, la sua identità, riconoscerne e rispettarne gli spazi, le
distanze e i confini. L’amore è, sì, fondato sulla generosità e l’altruismo, ma
dovrebbe essere anche ‘sanamente egoistico’.
Nella dipendenza affettiva questo bisogno di
fusionalità non si attenua ma, al contrario, si esaspera, fino a raggiungere
livelli così estremi da diventare patologici. Gabbard (1995) ha ben descritto
le principali caratteristiche di una persona con dipendenza affettiva: essa non
è in grado di prendere decisioni in modo autonomo, ha un atteggiamento di
sottomissione verso gli altri, ha continuo bisogno di rassicurazioni e
necessita della presenza di persone che si prendano costantemente cura di lei.
In genere si tratta di persone inibite, che vivono nel terrore di essere
abbandonate e, nel momento in cui una relazione significativa finisce, si
sentono letteralmente ‘perse’, provando disagio e paura di fronte alla sola idea
di stare sole. Sono talmente ‘affamate d’amore’, che per farsi voler bene sono
disposte anche ad accettare situazioni spiacevoli, umilianti e per chiunque
intollerabili (Lingiardi, 2005). Secondo un Rapporto dell’Istat (2007), tra gli
episodi di varie forme di violenza sulle donne, il 67, 7% accade per
responsabilità di mariti, conviventi o fidanzati. Queste violenze, secondo
l’indagine, rimangono voci silenziose, soffocate e spaventate, resta infatti
non denunciato il 93% delle violenze subite da un partner. Dato altrettanto
preoccupante è che il 33% di queste
donne addirittura non parla con nessuno della violenza subita.
Chi è, dunque, il dipendente affettivo?
È una persona che non è libera di amare l’altro
per ciò che è realmente e che allo stesso tempo non riesce a farsi amare per le
sue peculiarità, per la sua natura. Ama e si lega all’altro per paura, paura di
non essere degno d’amore, di essere ignorata, restare sola o essere
abbandonata. Così, finisce per soffocare ogni interesse, bisogno, desiderio,
rapporto con gli altri, dedicandosi completamente al partner che diventa
l’unico scopo della sua esistenza e, con il tempo, della sua identità.
Come già accennato, una delle caratteristiche di
una persona con dipendenza affettiva dal partner è proprio la difficoltà a
riconoscere i propri bisogni, mentre tutte le sue energie sono convogliate nei
bisogni e problemi dell’altro. Alla luce di ciò, non è un caso che,
generalmente, questa tipologia di presone vada spesso ad incastrarsi in
relazioni con partner problematici, a volte anche portatori di altri tipi di
dipendenza (alcool, sostanze, fenomeni di gambling…). Nell’aiutare il partner
in difficoltà, vengono, infatti, negati i propri bisogni, perché il disagio
dell’altro sembra occupare molto più spazio. Questo tipo di aiuto si rivela ben
presto deleterio perché non farà che rafforzare la dipendenza dell’altro, per
la paura di perderlo, per legarlo a sé per sempre.
Le persone che soffrono di dipendenza affettiva
sono portatrici di un profondo senso di inadeguatezza, sono convinte che per
ricevere amore si debba sempre essere eccessivamente brave, affabili, pronte a
sacrificarsi per l’altra persona, anche quando questo significa farsi del male.
Spesso, anche se non necessariamente, il partner
di una persona con dipendenza affettiva ha la caratteristica di sembrare
irraggiungibile: più queste persone vengono rifiutate, più la loro dipendenza
si accresce. Alla base di questo meccanismo che può sembrare assurdo, vi è la ‘presunzione
di farcela’, l’apparente certezza che si riesca a fare in modo che la persona
irraggiungibile diventi raggiungibile e che possa amare le persone dipendenti
affettivamente esattamente nel modo in cui queste pretendono di essere amate.
Dalla letteratura risulta che, delle persone
dipendenti affettivamente, il 99% sono di sesso femminile (Miller, 1994). Non
vi è una fascia d’età “tipicamente dipendente”, infatti la dipendenza sembra
essere una caratteristica di personalità per lo più trasversale: dalle
post-adolescenti, fino alle donne adulte con figli.
Un dato altrettanto interessante è quello
costituito dal fatto che la dipendenza affettiva sembra essere tendenzialmente
associata al Disturbo Post-traumatico da Stress (DPTS), dunque si osserva in
genere questa forma di dipendenza in persone che hanno subito maltrattamenti o
abusi. Tale dato invita a riflettere sul fatto che vi possa essere una
plausibile consequenzialità tra i due aspetti e che eventi disturbanti e
traumatici possano essere responsabili dello sviluppo di dipendenza affettiva.
A questo proposito, Norwood (1985) suggerisce che persone che hanno sviluppato
dipendenza affettiva sono accomunate dal fatto di essere cresciute in famiglie
con caratteristiche peculiari: al di là degli specifici problemi presenti in
tali famiglie, appare chiaro che adulti dipendenti affettivamente sono stati
bambini sminuiti nella loro capacità di comprensione dei bisogni e sentimenti
propri e altrui, che hanno avuto difficoltà nella gestione dei rapporti
interpersonali. Questi elementi condurranno inevitabilmente queste persone a
cadere nelle pericolose trappole della dipendenza affettiva.
Dott.ssa Silvia Ferretti
BIBLIOGRAFIA
Gabbard
O.G. (1995). Psichiatria psicodinamica,
Raffaello Cortina Editore, Milano
Lingiardi V., Personalità dipendente e
dipendenza relazionale. In:
V. Caretti e D.La Barbera (2005),
a cura di, Le dipendenze patologiche,
Raffaello Cortina Editore, Milano.
Miller D.,
1994, Donne che si fanno male,
Feltrinelli, Milano.
Norwood R., Donne che amano troppo, 1985,
Feltrinelli, Milano.
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