mercoledì 2 ottobre 2013

Dall’omosessualità all’omofobia



In queste ultime settimane mi sono soffermata a riflettere, in più di un’occasione, sul concetto di omofobia. Il tutto ha avuto inizio con un confronto tra amici in merito al nuovo Disegno di Legge in materia, approvato alla Camera e ora al Senato. Hanno fatto poi seguito una giornata studio organizzata dall’Ordine degli Psicologi del Lazio e la segnalazione, da parte di un’amica, della mostra “Masculin/Masculin” al museo d'Orsay dal 24 settembre al 2 gennaio. 

 

Nonostante sia ormai riconosciuto a livello mondiale che l’orientamento sessuale non è una scelta e che l’omosessualità è una variante normale della sessualità, l’avversione per i gay e le lesbiche persiste.


…Ma l’omofobia cos’è?

L’omofobia (dal greco όμός = stesso e φόβος = timore, paura) denota “disagio, svalutazione e avversione, su base psicologico-individuale e/o ideologico-collettiva, nei confronti delle persone omosessuali e dell’omosessualità stessa.” Il pensiero omofobico sembra essere dunque radicato nel genere umano e difficile da contrastare, sia su un piano personale che sociale/collettivo. Si riflette nelle istituzioni e nelle strutture portanti della nostra società: nella famiglia, nella scuola, nell'ambiente lavorativo, nella vita religiosa, nello sport e nei mass media.
Per dirlo alla Jung sembra essere consolidato nell’inconscio collettivo.

I sentimenti negativi, l’intolleranza e la rabbia nei confronti di gay e lesbiche sono purtroppo all’ordine del giorno: a volte si manifestano attraverso l’uso di un linguaggio e di slang offensivi, altre volte si traducono in atteggiamenti e comportamenti omofobici carichi di aggressività che caratterizzano numerosi episodi di cronaca.
Se questo panorama è già di per sé critico, diventa ancor più inquietante se si considera che l'insulto, la violenza psicologia e la discriminazione verso gli omosessuali vengono tacitamente approvati e ritenuti normali anche tra gli stessi adolescenti che in molte occasioni ritroviamo come autori di numerosi casi di bullismo omofobico.


A questo delicato scenario si aggiunge l’omofobia interiorizzata, una forma subdola di omofobia che consiste nell’interiorizzazione, più o meno inconsapevole, del pregiudizio che porta a vivere in modo conflittuale la propria omosessualità, fino a volerla negare o contrastare.
Possiamo ritenere che l'omofobia diventa omofobia interiorizzata attraverso il pregiudizio, la disinformazione, l'isolamento e la condanna sociale.
L’introiezione di un pensiero omofobico così strutturato comporta diverse conseguenze sulla psiche della persona omosessuale quali una scarsa accettazione e stima di sé; sentimenti d’incertezza, inferiorità e vergogna; la credenza che l'omosessualità sia sbagliata, sia qualcosa da negare e da nascondere; la non accettazione della propria omosessualità perché causa di un senso di ansia, colpa, vergogna, angoscia e tensione interiore; l’incapacità di comunicare agli altri il proprio orientamento (coming out); la convinzione di essere rifiutati a causa della propria omosessualità; il convincimento di essere inadeguati e indegni di essere amati e l’identificazione con tutti gli stereotipi denigratori derivanti dai pensieri omofobici.
In questo senso il proprio pregiudizio finisce per impedire la formazione di un'identità omosessuale positiva.

È semplice dedurre come l’esperienza di rifiuto e di oppressione possano determinare affaticamento emotivo, vissuti depressivi e di rabbia nella cultura gay, come diretta conseguenza delle manifestazioni del dovere essere invisibile ma è inaccettabile che ad oggi un omosessuale debba subire anche l’influenza omofobica e castrante dell’inconscio collettivo e sentirsi schiacciata da essa. Dunque bisogna intervenire con campagne di sensibilizzazione, soprattutto tra i giovanissimi, e prendere i dovuti provvedimenti per cercare di destrutturare il pensiero omofobico sia personale che collettivo.
 

Dott.ssa Alessandra Paladino

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