Dal sondaggio della Fondazione Thomson Reuters emerge un quadro poco rassicurante sulla condizione delle donne nel mondo islamico: nonostante le numerose rivolte che si sono succedute dal 2010 ad oggi (le cosiddette ‘Primavere arabe’), in 22 paesi della penisola arabica la donna vive (o sopravvive) in condizioni sociali, psicologiche, culturali e umane completamente inaccettabili. L’Egitto è al primo posto in questa speciale classifica "al ribasso": in questo Paese, apparentemente vicino al mondo Occidentale, subito dopo la fine del regime Mubarak si è registrato un aumento di violenze sessuali, mutilazioni genitali e, più in generale, un complessivo rigurgito di fondamentalismo islamico, il quale, come sappiamo, osteggia qualunque tipo di emancipazione femminile.
A seguire, al secondo posto, troviamo l’Iraq, oggi ancor più pericoloso di quanto non lo fosse durante il regime di Saddam Hussein. Poi ci sono l’Arabia Saudita (dove alle donne è addirittura fatto divieto di guidare l’auto), la Siria, lo Yemen.
Il paese a maggioranza islamica in cui, invece, alle donne è riservato il trattamento migliore è rappresentato dal piccolo paradiso delle Isole Comore, un tempo francesi, oggi africane e di fede musulmana. In questo splendido luogo, immerso nell’Oceano Indiano, le donne possono divorziare e partecipare attivamente alla vita politica. A seguire, altri paesi islamici ricchi e stabili, come Kuwait, Oman, Qatar.
Fonti: sussidiario.net – corriere.it
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