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Ciao zi’…
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Guarda come sei cambiata… t’avevo lasciata così… [mostra una fotografia] … e sei
diventata così… Ma come sei
diventata?
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So’ diventata emo…
Chi ha visto il divertente film di Carlo Verdone Io Loro e Lara (2010) sicuramente ricorderà questo spassoso 'scontro' generazionale. In realtà, dovremmo precisare che la
cosiddetta ‘cultura emo’ è nata circa trent’anni prima del film, negli anni ’80, negli Stati Uniti (nello specifico, a Washington D.C.). I giovani emo (pronuncia:
/ˈiːmoʊ/), ragazzi di solito tra i
15 e i 20 anni di età, si caratterizzano per i capelli corvini, più o meno
lunghi, lisci e con una frangia asimmetrica davanti agli occhi, un trucco scuro
tendente al nero con scarpe da ginnastica e altri accessori (che
spesso raffigurano teschi o croci) dello stesso colore; un abbigliamento da ‘skater’, quindi jeans
aderenti, cintura borchiata.
Gli emo derivano il loro nome proprio dal genere
musicale emo (che fa parte del punk rock) il quale, a propria volta, rappresenta
l’abbreviazione del termne ‘emotional’ (emotivo).
Bill Kaulitz dei Tokio Hotel |
Appaio,
dunque sono: chi è emo lo è anche nel modo di sentire, pensare, fare. Molto
diffusi tra questi ragazzi sono gesti insoliti e anticonvenzionali come piangere davanti agli
altri (aspetto emotivo di questa tendenza), baciare persone dello stesso sesso,
procurarsi tagli con lamette da rasoio. Così come i dark e altre modalità diffuse nel mondo giovanile, anche gli emo mostrano una certa ‘attrazione’ per il macabro e il tema della morte: l’abitudine di tagliarsi o tagliuzzarsi
per far uscire una certa quantità sangue è una modalità molto diffusa tra loro,
così come lo è tra le persone con diagnosi di area borderline: questi gesti
autolesionistici, se da un lato sembrano in qualche modo ‘sedare’ l’ansia o
l’angoscia che tali individui provano e farli sentire 'vivi', dall’altro sono comportamenti che
colpiscono fortemente chi sta loro accanto e potrebbero essere interpretati
come una più o meno celata e maldestra richiesta d’aiuto.
Come ogni moda giovanile (o meglio,
adolescenziale) che si rispetti, l’individuo cerca di portare l’attenzione
degli adulti su di sé per poi negarlo, un modo per dichiarare una netta
separazione dal mondo infantile ma anche una messa in discussione di quello
adulto. Nulla di insolito né di nuovo, dal momento che ci troviamo di fronte ad
un comportamento dei teenager di oggi che, come quelli di ieri, nuotano in mille
incertezze, tra cambiamenti psicofisici, paura del nuovo, desiderio di
affermazione, nel tentativo di esprimere in forme più o meno condivise questo uragano 'emo-zionale'.
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